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Le necrologie della seconda metà degli anni ’90 e dei primi anni 2000 fanno emergere personaggi «a tutto tondo»: svolgevano un’attività per guadagnarsi da vivere ma, al tempo stesso, non rinunciavano a ciò che li appassionava. Si dedicavano anche a ciò che li faceva sentire appagati. Leggere le storie di queste persone mi ha portata a riflettere sull’importanza della poliedricità. Mi sono sempre sentita come se si potesse scegliere una sola strada nella vita, e come se il senso delle mie giornate fosse la selezione della strada giusta. Evocativa è la metafora utilizzata da Sylvia Plath nella sua opera «La Campana di Vetro». L’autrice paragonava la sua vita a un albero di fichi. Ogni fico rappresentava, per lei, una possibile strada, un possibile futuro. Scegliere un fico significava rinunciare a tutti gli altri. Nonostante desiderasse tutti i tragitti allo stesso modo, poteva percorrerne solo uno. Ho sempre visto così la vita. Le storie che racconterò mi hanno fatto cambiare idea. Una delle vite poliedriche che mi hanno più affascinata è stata quella di Giovanni Pesenti. Quest’ultimo trovò, nel mondo dell’insegnamento, la soluzione per conciliare le sue passioni. Insegnò al Celana, all’Alfieri, all’Angelo Mai, alla Fratelli Calvi e alla scuola media di Mapello. Amava diffondere le sue conoscenze e il mestiere di docente gli permetteva di farlo. I suoi alunni lo ammiravano perché, partendo da un aneddoto o da un motto, conferiva chiarezza a qualsiasi movimento letterario o artistico spiegasse. Pesenti riuscì anche a trasformare la scuola in un luogo in cui dare sfogo alla sua creatività. Quando insegnava nella sezione di Palazzago delle medie di Mapello, mise in scena «L’accusa», un oratorio da lui scritto, e coinvolse in questo progetto tutto il paese. Pesenti continuò sempre a scrivere. Fu direttore del periodico «La Parrocchia-Il Borgo» e scrisse su «La Nostra Domenica». Diresse per molti anni il periodico «La Pleiade», dove faceva recensioni delle prime dei teatri italiani. In questo modo mantenne vivo il suo amore per la lirica. Giovanni Pesenti è mancato nel luglio del 2003 a Zogno. Anche Pino Longhi era un personaggio «a tutto tondo». Dopo essere stato arruolato come allievo ufficiale nel 1934, e dopo aver combattuto con i partigiani a partire dal ’43, Longhi aprì al principio di Borgo Santa Caterina, nel 1946, la sua prima officina meccanica. Le «Industrie Longhi», che si spostarono poi a Pedrengo, ottennero un grande successo, arrivando a oltre 180 dipendenti negli anni Sessanta. Nel frattempo, Pino Longhi continuò a coltivare la sua grande passione: quella per la letteratura e per gli esseri umani. Era un uomo buono, che voleva conoscere la natura umana pienamente. Si teneva sempre informato, sfogliando i volumi di filosofi come Sant’Agostino, Voltaire e Padre Turoldo. Quando l’università di Urbino gli conferì la laurea honoris causa, Longhi scelse la laurea in sociologia: un’ulteriore prova del forte amore che nutriva nei confronti dell’umanità. Pino Longhi ci ha lasciati nel marzo del 2000. Lucio Mazzoleni fu un artista che non rinunciò mai alla sua passione per la famiglia e per lo sport. Era un restauratore del legno che realizzava dei veri e propri capolavori. Per dieci anni, fu presidente del comparto artigiano dei restauratori e consigliere dell’Artigianfidi. Quando non lavorava, si impegnava a trasmettere ai suoi figli umiltà e valori morali. Proprio grazie all’amore per la sua famiglia, riuscì a mantenere viva la sua passione per lo sport. I figli, infatti, erano arbitri di calcio e Lucio li seguì negli stadi di tutta Italia. Lucio Mazzoleni è mancato il 28 maggio 2002. Le vite di queste quattro persone dimostrano che è possibile continuare a dedicarsi alle proprie passioni, anche quando si lavora molto. Gli esseri umani sono, per natura, pieni di sfaccettature. È questa moltitudine di colori a rendere splendida la vita. Rinunciando alle piccole sfumature e agli interessi particolari che ci caratterizzano, rischiamo di reprimere e di nascondere la nostra vera essenza. È vero che, nella maggior parte dei casi, il lavoro che si può svolgere è uno. Il tempo è limitato, ed è impossibile fare tutto quello che desideriamo. Questo non vuol dire, però, che non sia importante ritagliare uno spazio nelle nostre giornate, nelle nostre settimane, nei nostri mesi o nei nostri anni per dedicarci a ciò che ci ricorda quanto sia bello esistere.
Archivio de L’Eco di Bergamo