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Maria Bonaiti contribuì, nel 1943, a salvare una ragazza ebrea dalla deportazione. Era una donna semplice e come professione gestiva, insieme al marito, una merceria ad Asso, nel Comasco. Al momento giusto però il suo coraggio seppe fare la differenza e questo gesto gettò una luce speciale su tutta la sua esistenza. Uno dei fornitori della merceria era un uomo di origine ebraica, amico della coppia. A seguito delle leggi che prendevano posizione contro gli ebrei, quest’ultimo affidò a Maria e al marito sua figlia Graziella Bartdavid, che frequentava una scuola di suore nel comune. La ragazzina rimase per settimane nascosta nella casa della coppia. Dopo alcuni mesi, per non dare nell’occhio, la portarono, per sfuggire ai controlli, a Calolzio, in una casa dove si trovavano anche Marina, Ida e Vittoria, le sorelle di Maria. La ragazza rimase lì fino alla fine della guerra, quando andò a stare da una zia a Milano. In seguito si trasferì in Israele, senza dimenticare mai il gesto di Maria e della sua famiglia. Per molti anni la nostra Graziella, probabilmente per non richiamare alla memoria degli anni dolorosi, non raccontò a nessuno la sua storia. Nel 1997, però, Maria Bonaiti, insieme alle sue sorelle, ricevette per il suo gesto il riconoscimento «Giusti tra le nazioni», ossia la più alta onorificenza di Israele. Nell’ambito dell’assegnazione del Premio San Martino, il Consiglio comunale di Calolzio consegnò inoltre a lei e alle sue sorelle, per il loro coraggio, un medaglione con l’effigie del Santo Patrono.
Archivio de L’Eco di Bergamo